Da alcuni anni a questa parte il settore della consegna a domicilio di piatti pronti o prodotti alimentari (il cosiddetto food delivery) è diventato uno dei mercati più attivi e ad alta competizione a livello globale.

 

Terreno di scontro di moltissime nuove compagnie tecnologiche, che sfruttano diversi modelli di business e una rete sempre più capillare di consegna, le food delivery company si sono inserite stabilmente nei mercati dell’offerta alimentare, specie nelle città medio-grandi.

 

Ma che impatto ha la food delivery sui ristoranti e sui negozi?

In questo articolo faremo il punto sulla situazione.
Mentre nel prossimo articolo dedicato all’argomento food delivery, ti daremo una serie di consigli utili su come vincere le sfide che essa pone alle aziende del mercato alimentare.

 

 

Il Giro d’Affari del Mercato del Food Delivery

 

Basta tornare indietro di qualche anno per rendersi conto di quanto le nuove tecnologie abbiano già cambiato il lavoro degli operatori del food (pensa solamente al sistema delle recensioni online) insieme con le abitudini di consumo dei clienti.

 

In Italia il food delivery ha cominciato a diffondersi a partire dal 2015, quando sul mercato italiano, su cui si era affacciato nel frattempo solo Just Eat, ha cominciato a vedere la concorrenza di nuove startup, come Glovo, Foodora, Deliveroo e UberEats.

 

Secondo l’Osservatorio e-Commerce B2C del Politecnico di Milano in soli due anni il mercato degli acquisti di piatti pronti ammontava già a 201 milioni di euro, in crescita del 66% all’anno precedente.

 

Secondo una ricerca McKinsey, il mercato modiale del food delivery si attesta oggi intorno a 83 miliardi di euro, l’1% dell’intero mercato alimentare. Cresce però con un tasso annuale del 3,5%, uno dei tassi di sviluppo più alti del settore.

 

Oltre alle ben note startup del delivery, bisogna annoverare altri servizi simili e complementari, come le aziende che operano nel settore dello smart boxing e della spesa online, con servizi che vanno dalla vendita e alla consegna di pacchetti di prodotti offerti al pubblico (smart box) alla semplice consegna della spesa fatta al supermercato o ai negozi di prossimità.

 

In Italia, invece, il mercato vale 2 miliardi di euro ed è penetrato soltanto del 3%: ci sono cioè ampi margini di crescita.

Con gli acquisti è aumentato anche il numero dei clienti: secondo Coldiretti, oltre 4 milioni di italiani si sono fatti consegnare cibo a domicilio almeno una volta al mese: un’abitudine più marcata nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni.

 

La tendenza è in costante crescita, come si vede anche dalle recenti acquisizioni (in Italia Glovo acquista Foodora nel 2018); e si stima che entro il 2022 le piattaforme di food delivery potrebbero generare un giro d’affari da 2 miliardi e mezzo di euro.

 

Food delivery infografica diffusione cibo a domicilio in italia - Gusto&C Srl

Infografica a cura di Just Eat. Clicca sull’immagine per aprire la versione ad alta risoluzione.

 

 

Quant’è il Costo delle Commissioni delle App di Food Delivery?

 

Le tariffe per chi sia abbona ai servizi delle Food Delivery Company non sono certo di pubblico dominio.
Anzi, sono tenute segrete con tanto di firma di un accordo di non divulgazione, e sono inoltre largamente variabili in funzione di alcuni fattori.

 

Il primo fattore è il modello di business, e quindi il servizio offerto dalla Food Delivery scelta.

 

Se il tuo Negozio o Ristorante vuole aderire ad uno o più servizi di Food Delivery, hai la possibilità di scegliere tra aziende che mettono a disposizione i propri rider (come Uber Eats, Foodora, Glovo…) e aziende che fanno unicamente da intermediari tra il loro parco clienti e i ristoranti (come Just Eat), che dovranno poi prendersi l’impegno di consegnare il cibo a domicilio con un fattorini propri.

Una differenza non da poco, sia in termini logistici che in termini economici, in grado di incidere sulla percentuale della tariffa.

Si parte da un 10%-15% nel caso di Just Eat, con il quale i ristoratori utilizzeranno un proprio fattorino, fino al 19-25% dei “servizi completi” come quelli di Deliveroo, Uber Eats, Foodora, Alfonsino e Glovo, che mettono a disposizione la propria rete di consegna.

 

Inoltre le forbici percentuali indicate varieranno anche a seconda del fatturato prodotto col delivery (più farai guadagnare l’App, più potrai avere qualche punto di commissione in meno) e dell’esclusività o meno nella scelta del fornitore: se lavorerai in esclusiva con una sola Azienda essa tenderà a a farti un prezzo più conveniente.

 

Ultima nota a margine: sull’ipotetico 25% di tariffa calcolata su ogni ordine scontrinato (cifre, quindi, già con aggiunta di IVA), va aggiunto un ulteriore 22% di IVA. È un giochetto piuttosto bizzarro, comune a tutte le aziende di Food Delivery operanti in Italia, che fa alzare di qualche punto percentuale la reale incidenza dei costi del servizio.

 

 

Quanto Guadagna un Ristorante col Food Delivery?

 

Visti i costi, guardiamo ora ai guadagni.

Allo stato attuale i ricavi dalle consegne a domicilio sono ancora una piccola percentuale dei fatturati dei ristoranti italiani.
Secondo una ricerca di Wired Italia, l’incidenza dei guadagni delle consegne a domicilio via App si aggira intorno al 8%-11% del fatturato dei ristoranti, con picchi del 15%-25% nelle città a più alta densità abitativa, come Roma e Milano.

 

Nonostante, come abbiamo appena visto, i costi di commissione delle App di Food Delivery siano piuttosto alti, l’affare è comunque redditizio, perché non c’è sovrapposizione tra i clienti delle App e i clienti della sala.

Il reddito Delivery è quindi aggiuntivo, inoltre parte degli ordini avvengono su giorni e orari in cui le sale sono meno affollate, ottimizzando la redditività del locale.

 

 

Il Food Delivery Ucciderà la Cucina?

 

Il rapporto “Is the kitchen dead?” della banca d’investimento Svizzera Ubs dichiara, un po’ platealmente, che entro il 2030 il food delivery “ucciderà la cucina”.
Grazie ai robot e ai droni per la consegna “il costo di un piatto ordinato online potrebbe essere lo stesso di un piatto preparato in casa”, si legge nel rapporto.

Realtà o fantascienza?

 

Al di là dell’allarmismo dei toni, sicuramente il mercato del food delivery costituirà un banco di prova importante su cui si misurerà il successo non solo delle startup che gestiscono le consegne, ma anche degli operatori del mercato del food.

Vale a dire proprio gli stessi ristoranti, i negozi di gastronomia, i bar, le tavole calde, e così via.

 

 

Concorrenza Sleale e Big Data

 

L’aspetto potenzialmente più problematico è quello che concerne l’impatto dei cosiddetti big data sulla ristorazione.

Le piattaforme registrano ogni giorno migliaia di informazioni (big data), utilizzate per ottimizzare investimenti e orientare le scelte con cui operano nel mercato.

Grazie a questi dati è possibile profilare gli utenti: cioè sapere quali prodotti vendono di più, quali utenti spendono di più e dove, quali sono i servizi preferiti, quali zone e fasce orarie rendono di più, e così via.

 

Se è vero che alcuni operatori rendono visibili i dati che riguadano i ristoratori affiliati, essi hanno comunque la totalità dei dati a loro disposizione.

 

E questi dati valgono molto, se sfruttati a dovere.

 

Si teme cioè la mossa che Amazon ha riservato al mercato del retail: inglobamento, sfruttamento ed estromissione finale dal mercato.

Grazie alla mole di dati a sua disposizione, Amazon è in grado di capire le tendenze e i prodotti più venduti, per poi produrli internamente e proporre gli stessi a marchio Amazon Basics, in vendita sul suo portale.

Una strategia che non riserva a tutti i settori, per non uccidere l’offerta dei suoi affiliati, ma che risulta comunque un ingombrante effetto della sua posizione dominante nel mercato e-commerce.

E, tanto per stare tranqulli, Amazon è già entrata nel settore della spesa a domicilio, con servizi come Amazon Now…

 

 

Il Fenomeno delle Cucine Virtuali e delle Dark Kitchen

 

Nel settore food questo fenomeno ha due volti: le cucine virtuali e le dark kitchen.

Entrambe sono cucine senza posti a sedere, né camerieri o sala, pensate solo per produrre piatti per le consegne a domicilio.

 

Entrabe sono gestite in partnership tra un’azienda di food delivery e uno o più ristoratori.
La differenza tra l’una e l’altra è questa: le cucine virtuali sono gestite da più ristoratori con l’obiettivo di soddisfare la richiesta di pietanze di una determinata zona.

Se in una zona sono molto richiesti determinati piatti, una food delivery company può aprire un laboratorio che raggruppa vari ristoratori, in modo da soddisfare questa richiesta.

 

Le dark kitchen, invece, sono gestite in esclusiva da un unico ristoratore che può decidere di aprirla sia per evadere le richieste dei clienti delivery o per ampliare il suo business senza aprire una nuova sede, contenendo dunque i costi.

Alle spese di gestione, in genere, contribuiscono sia il ristoratore che la startup di food delivery di turno.

 

In Italia le cucine virtuali e le dark kitchen non sono ancora molto diffuse.
Gli unici esperimenti sono quelli di Rose & Mary a Milano e il Deliveroo Editions, che ha permesso a vari ristoratori italiani di esportare all’estero i propri menu delivery senza aprire un ristorante.

 

Se è vero che finora le startup hanno collaborato coi ristoratori, ampliando il loro giro d’affari e istituendo partnership sane e lucrose per entrambi, rimane comunque il rischio che le startup possano poi decidere di voler fare da sole, con tutte le conseguenze del caso.

 

Al momento questo scenario viene smentito da tutti gli operatori del food delivery: a più riprese essi hanno dichiarato che i ristoratori sono uno dei loro asset principali e che i costi di gestione nell’internalizzare tutta la filiera non sarebbero sostenibili.

 

 

Prevenire i Rischi: Puntare su Dati e Marchio

 

Il rischio, già capitato in altri settori come quello turistico con Booking o del già citato retail con Amazon, è quello dove un unico operatore diventa talmente potente da monopolizzare di fatto il mercato e far pesare la sua forza sulle condizioni contrattuali.

Se è vero che la concorrenza è ancora molto viva nel settore food delivery, i ristoratori e i negozianti non preparati potrebbero andare incontro a brutte soprese.

 

Ristoranti e negozianti si trovano oggi davanti a 5 sfide fondamentali:

  1. Collaborare in maniera equa con le grandi aziende di food delivery
  2. Gestire la relazione con loro e con i clienti
  3. Raccogliere meglio i dati a cui prima non si dava peso
  4. Usare tali dati in modo strategico, cioè per operare scelte sul mercato
  5. Puntare su un marchio sempre più unico e riconoscibile, che venga scelto dai clienti in quanto tale

 

Se tali misure non vengono adottate, il rischio è quello che i clienti sceglieranno il delivery preferito e non più il ristorante o l’alimentari preferito: il ristorante e la gastronomia diventeranno un prodotto indifferenziato, dove l’unico tratto distintivo rischierà di essere il prezzo.
E, come sappiamo bene, la guerra dei prezzi giova solo ai grandi player.

 

Nel prossimo articolo analizzeremo a fondo questi 5 aspetti per poterti fornire consigli utili su come vincere ognuna di queste sfide.

Leggi il seguito su: www.gustoec.it/ristoranti-food-delivery-5-modi-per-usare-bene-per-guadagno-ricavi/